Un cambiamento culturale: dagli oneri di urbanizzazione agli oneri di sostenibilità
Se è vero che il fattore ambiente è sempre più importante nei progetti urbanistici, si potrebbe cambiare il vetusto concetto degli oneri di urbanizzazione con quello, più moderno, degli oneri di sostenibilità. Effettuare cioè una valutazione delle opere necessarie a garantire l'impatto zero di un determinato progetto sulla qualità della vita del territorio in cui tale progetto si inserisce.
La proposta è del consigliere comunale di Milano Enrico Fedrighini (Verdi), e la segnaliamo perché rappresenta un'idea guida: comporterebbe un cambiamento di mentalità nella giusta direzione. Gli interventi per l'Expo 2015 sarebbero il giusto banco di prova per provarci.
Di seguito la proposta di Enrico Fedrighini.
URBANISTICA A MILANO: TRA SOGNI E SCELTE CONCRETE
E' iniziata in Consiglio la discussione del "Documento di Inquadramento" delle politiche urbanistiche milanesi: è la delibera che prevede, per intenderci, la possibilità di aumentare la quantità edificabile di slp (acronimo che sta per Superficie Lorda Pavimentata, in pratica la superficie calpestabile di ogni intervento edilizio) dall'attuale rapporto di 0,60 mq al mq, fino a 1 mq/mq ed anche oltre. In queste settimane i giornali ne hanno parlato diffusamente: ipotesi di 700.000 abitanti in più, lettere aperte al sindaco, grandi giustificati timori, rischio speculazione, ecc ecc.
Sarebbe sbagliato dire "tanto rumore per nulla": perché in realtà la delibera che stiamo discutendo è di quelle davvero pesanti, destinate a incidere in modo significativo sul futuro della nostra città. Temo piuttosto che sui media se ne sia parlato finora in modo approssimativo, eccezion fatta per alcuni interventi pubblicati da Repubblica (uno di Renzo Piano, l'altro di un docente del Politecnico).
Come sempre, vi dico chiaramente come la penso e vorrei sapere cosa ne pensate voi, anche perché si tratta poi di proporre emendamenti correttivi al testo e mi piacerebbe che anche questo fosse il frutto del nostro impegno e lavoro comune.
Premetto che non conosco Paese o città, in Italia e nel mondo, in cui un progetto urbanistico non abbia prodotto utili per il privato che lo realizzava. Non è questo il punto. La 'buona urbanistica' dipende dal ruolo giocato dal soggetto pubblico, ovvero dal governo locale che deve essere in grado di contemperare - lo dice anche la nostra Costituzione - gli utili dell'attività economica privata con obiettivi di interesse pubblico.
Quali sono, nella Milano contemporanea, gli obiettivi di interesse pubblico prioritari? Se dovessimo indicare una meta strategica, attorno alla quale costruire un'idea di città e uniformare i vari progetti di trasformazione, quale strada sceglieremmo? A quali valori attribuiremmo importanza prioritaria?
La mia opinione è che nelle moderne metropoli - in un pianeta dove, per la prima volta nella storia dell'uomo, entro pochi anni il numero di persone che vivono in città supererà il numero di quelle che vivono in campagna - obiettivo strategico sia la "sostenibilità ". Che significa una concetto abbastanza semplice: ogni città non deve consumare energia più di quanta ne produce, o ne risparmia.
Ma come si fa, concretamente, a valutare la sostenibilità di una città? E cosa c'entra questo con le politiche urbanistiche di Milano, con gli obiettivi di aumentare le volumetrie, di incrementare il numero di abitanti, di realizzare nuove edificazioni? Arriviamo a noi, alla delibera in discussione in Consiglio, a cosa fare. Come avviene da troppo tempo, ogni discussione urbanistica viene accompagnata da eccesso di liturgia demagogica: da un lato chi parla incondizionatamente di "grande opportunità " e di sviluppo; dall'altro chi lancia l'allarme per la speculazione in arrivo.
Il risultato è desolante, perché nel frattempo gli speculatori continuano indisturbati a speculare, mentre la città va peggiorando. Dico subito che sono favorevole al principio di densificare la città. Perché se cresce la domanda di residenza (non solo a libero mercato, ma convenzionata e in affitto), delle due l'una: o si interviene sui terreni della cintura agricola del parco Sud (cosa assolutamente da evitare, perché significherebbe lo sfondamento e l'espansione dei confini del territorio cementificato), oppure si ricostruisce la città al suo interno, riconvertendo funzioni obsolete (industriale, terziario in eccesso) in funzioni utili. Densificando la città, appunto. Concordo con questo obiettivo a una condizione però, ben esplicitata dall'architetto Renzo Piano: la vera città sostenibile è quella che coniuga densificazione, stratificazione e "IMPATTO ZERO" sotto il profilo della mobilità privata. La città sostenibile è quella che realizza progetti di trasformazione urbana pensati, collocati e realizzati per ridurre i flussi di traffico privato, per aumentare i servizi di vicinanza, riducendo il numero di spostamenti coatti a bordo dell'auto privata.
Qualcuno mi dirà : sei un verde, pensa a fare il tuo mestiere, alla valutazione di impatto ambientale, ad aumentare le superfici verdi. Stai nella tua nicchia, al tuo posto... Io invece credo che Milano potrebbe anche veder raddoppiati i metri quadrati di verde per abitante, arrivando ai livelli di Stoccolma, ma rimanere ugualmente una città invivibile e insostenibile.
La città sostenibile è quella che difende con le unghie ogni mq di verde: e che invece di spalmare la medesima volumetria edilizia ovunque (aree verdi e non) sceglie di tutelare il verde e di condensare (densificare) le volumetrie edificabili laddove esiste una rete di trasporto pubblico adeguata (MM, FS, passante). E' quella che non tocca il verde degli Ippodromi, e che densifica i volumi dove esistono gli scali ferroviari e nuove linee della MM.
Voglio farvi un esempio concreto. L'economista Marco Vitale ha firmato con altre persone una lettera-appello al sindaco Moratti: l'ho letta, è pienamente condivisibile e potrei sottoscriverla domani, ma non dice assolutamente nulla di concreto e significativo sui punti nevralgici della questione. Marco Vitale era assessore della Giunta leghista guidata da Formentini dal 1993: in quegli anni era assessore all'urbanistica Elisabetta Serri, persona stimata, onesta e rigorosa. Durante quel periodo non vennero fatte grandi speculazioni (era un po' dura, con Tangentopoli in corso...) e non vennero realizzate grandi volumetrie; eppure tutti i piani di recupero avviati, adottati e approvati proprio in quegli anni, hanno prodotto la nascita di nuove aree urbanizzate totalmente prive di servizi di trasporto pubblico, nuove residenze isolate dal resto del contesto urbano. Pezzi di città separati e collegati fra loro da due unici elemento: nuove strade e l'automobile.
In pratica, hanno contribuito a produrre una città sempre più insostenibile (opera continuata alla grande dalle successive giunte Albertini). Otto palazzine alte sei piane in mezzo al verde, carine e ordinate, situate però in una zona non servita da una linea di forza del trasporto pubblico e prive dei necessari servizi, possono 'pesare' sotto il profilo della sostenibilità (economica, ambientale e sociale) molto più della torre realizzata a Londra da Renzo Piano, chiamata 'la Scheggia di vetro': oltre 300 metri di 'densificazione urbana' in altezza con uffici, alberghi, terziario e servizi vari (l'equivalente della nostra City Life) ma con una radicale differenza: nessun parcheggio nè nuova strada verranno realizzati perché le nuove volumetrie sorgeranno su uno snodo del sistema di trasporto su ferro e di superficie (metropolitana e bus), come contrattato dal potere pubblico locale. L'immobiliarista ha un obiettivo molto semplice: comprare i terreni a poco, trasformarli e valorizzarli. Questo è il suo mestiere. A lui non interessano le conseguenze di insostenibilità urbana del suo intervento. Non è suo mestiere perseguire l'interesse pubblico.
Questo è il mestiere dell'amministratore locale, che però deve avere strumenti di intervento e di valutazione idonei per dire: in quell'area non si edifica, i legittimi diritti volumetrici li trasferisco per interesse pubblico dall'area periferica agricola che costa poco all'area ex-industriale accanto a una stazione ferroviaria o laddove è prevista una nuova fermata della linea MM. Altro esempio: le piste di allenamento degli impianti ippici. Densificare in modo sostenibile significa non cementificare quelle aree verdi nevralgiche per la cintura verde urbana, bensà trasferire eventuali diritti volumetrici in spazi già urbanizzati.
Questo significa, secondo me, densificare e rendere maggiormente sostenibile la città. Arrivo al punto. Ho intenzione di presentare un 'ordine del giorno' da far votare in Consiglie insieme alla delibera in discussione, con un impegno a carico dell'amministrazione Moratti: in ogni nuovo progetto (P.I.I.) e nel nuovo Piano di Governo del Territorio dovrà essere incluso un nuovo strumento, il "BILANCIO DI SOSTENIBILITA'". Il Piano di Governo del territorio dovrà indicare gli obiettivi di sostenibilità nel lungo periodo: nell'immediato, attraverso ogni intervento urbanistico contrattato, questo obiettivo andrà perseguito attraverso appositi "indicatori di sostenibilità " di ogni singolo progetto. E' assurdo pensare che ancora oggi, allegato ad ogni progetto, compaiano gli "oneri di urbanizzazione" (strade, parcheggi): cosa c'è ancora da urbanizzare nell'area metropolitana più densamente urbanizzata d'Europa? Adottiamo invece, per ogni progetto, dei nuovi indicatori, gli "oneri di sostenibilità ", attribuendo un indicatore contabile ai vari effetti prodotti da ogni intervento edilizio in materia ECONOMICA (introiti per la collettività ); SOCIALE (appartementi in affitto, housing sociale, servizi di prossimità ) e AMBIENTALE (riduzione emissioni di gas serra da traffico privato, risparmio energetico degli edifici, riduzione mobilità coatta).
Chiederà all'Assessore e al Consiglio comunale di assumere questo impegno - assolutamente nuovo per Milano, e per l'Italia - come scelta strategica. E' un lavoro non semplice, perché si tratta di creare competenze e strumenti di analisi mai utilizzati finora, mentre il resto d'Europa è un po' più avanti (tanto per cambiare...).
Se questa fosse la strada, ci troveremmo di fronte a qualcosa di nuovo e importante, perché consentirebbe di rendere trasparente e leggibile a qualunque cittadino gli effetti e gli obiettivi di ogni intervento urbano; perché consentirebbe di discutere nel merito le scelte da prendere, sulla base di dati quantitativi verificabili e prevedibili. Insomma, farebbe diventare la discussione sull'urbanistica milanese un po' meno propagandistica e un po' più responsabile e utile alla città. Diversamente, avremmo perso l'ennesima occasione condannando Milano a vivacchiare fra slogan e frasi fatte, da parte di maggioranza e opposizione. Con grande gioia degli speculatori, che continuerebbero indisturbati a fare il loro mestiere.
Se siete arrivati fino a questo punto, vi ringrazio e vi chiedo un ultimo sforzo: fatemi sapere che ne pensate.
Enrico Fedrighini
Verdi Milano
www.enricofedrighini.it
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