Antonio Cederna, don Chisciotte del paesaggio
Una biografia ripercorre le battaglie per l'ambiente del giornalista che fu una firma del «Corriere»
L’articolo è di Antonio Carioti
Venivo considerato una speranza dell'archeologia italiana», raccontava Antonio Cederna (1921-1996).
Ma non era proprio tagliato per una vita di scavi e ricerche erudite: troppo accesa la sua passione per le bellezze paesaggistiche e architettoniche, troppo profonda la sua indignazione per lo scempio che se ne fa in Italia. Senza contare l'estro polemico della sua prosa, che lo rendeva una delle penne più affilate del giornalismo italiano, cresciuta alla scuola del «Mondo» di Mario Pannunzio e poi ospitata dai più importanti quotidiani, per quindici anni anche sulle pagine del «Corriere della Sera».
Nato a Milano, ma romano di adozione, Cederna fu una sorta di don Chisciotte dell'ambientalismo, sempre in guerra contro gli interessi della rendita fondiaria e della speculazione edilizia, quasi onnipotenti nel nostro Paese anche perché spalleggiati dalla compiacenza burocratica e dalla miopia politica. Ma non tutte le sue battaglie furono vane, come sottolinea Francesco Erbani, giornalista della «Repubblica», nell'agile ma succosa biografia Antonio Cederna. Una vita perla città, il paesaggio, la bellezza (Corte del Fondego, pagine 119, €12).
Senza l'impegno profuso da Cederna nel corso di molti anni, scrive per esempio Erbani, oggi «l’Appia Antica sarebbe un quartiere residenziale di lusso, con lottizzazioni, palazzine e stadi, e nulla sopravvivrebbe del cuneo verde che si infila fin dentro il centro della città».
La lezione del protagonista va tuttavia oltre le singole questioni da lui affrontate. Particolarmente istruttiva era la sua insofferenza per il sensazionalismo che si mobilita con alte deprecazioni di fronte ai disastri (tipo alluvioni e frane con vittime), ma resta indifferente al lento, progressivo degrado del territorio, che ne costituisce il presupposto.
Per questo Cederna non si stancava di ricordare a tutti che in fatto di ambiente «i pericoli per l'Italia, antica e moderna, nascono nel silenzio, nel chiuso degli uffici: se si vuole evitarli, bisogna parlarne prima che diventino fatto compiuto». Da giornalista, in fondo, aveva mantenuto la costanza e l’attenzione dell’archeologo, con l’attitudine a scavare in profondità: doti preziose, di cui la stampa ha un grande bisogno, oggi più che mai.