Quel trompe l'oeil firmato da Bramante
La buona strada di Philippe Daverio. Sabato 22 Giugno 2013, <<Corriere della Sera>>
Donato Bramante, il principe degli architetti noto anche a chi non sa nulla di architettura, perché portò a compimento San Pietro a Roma e quindi una delle icone della storia dell'umanità, era umbro e s'era formato mezzo secolo prima in quel laboratorio inatteso della fantasia che fu la corte di Federico duca ad Urbino.
Lì il confronto, l'idealismo e le fantasie dei Laurana gli avevano dato il primo spunto per andare oltre gli schemi. Ma vero suo laboratorio fu l'impegno milanese al servizio di Ludovico il Moro nel ventennio che concluse il Quattrocento. E lo testimoniano le opere, quel primo trompe l'oeil dell'architettura che conclude l'abside di San Satiro, chiesa purtroppo trascurata dal turismo cittadino, che è invece uno dei capisaldi della storia del costruire e dell'illudere, e quindi del gusto.
Poi l'esercizio nell'allargare e ridefinire i cortili cistercensi nel lato abbaziale di Sant'Ambrogio, quello ora incluso nell'Università Cattolica, infine il capolavoro supremo d'un Rinascimento non ancora concluso ma già ludico nella sua maniera, il «tamburone» del presbiterio di Santa Maria delle Grazie, quest'ultimo — come sempre il meglio dell'architettura — va ammirato prima dall'esterno, nel gioco di archi, cerchi e colonnine che va poi meditato all'interno, dove questi elementi si fanno rarefatti e mistici.