Naviglio Grande e Naviglio Pavese: i nuovi vincoli

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La vecchia Legge del ‘39 sulla tutela del paesaggio applicata in Lombardia dal giovane assessore verde Fiorello Cortiana ha avuto nuova vita. È di questi giorni il vincolo sul tronco fluviale dei Navigli Grande e Pavese in Comune di Milano. E sotto gli occhi di tutti il disastro registrato dal territorio in 50 anni di frenetica attività edilizia legittimata da leggi urbanistiche sempre più cabalistiche nella valutazione delle quantità e sempre meno interessate alla qualità del prodotto.

Un esempio per tutti nel centro storico di Milano, corso Garibaldi. Un frenetico campionario di belle case vecchie troppo allegramente restaurate e di altre case nuove costruite su altri allineamenti frutto di un succedersi di piani particolareggiati, piani di recupero, piani di arredo urbano, piani di edilizia economica popolare col risultato che tutti possono vedere: un corpo stradale irrimediabilmente ferito, distrutto da slarghi disordinati su entrambi i Iati, cui nessuno più riuscirà a dare un'unitarietà.

E la situazione si ripete uguale sulle strade lombarde di nuova costruzione, la nuova Valassina ad esempio, lungo la quale nessuno ha avuto modo di controllare quale spaventoso paesaggio si stava formando. Vogliamo citare poi ad esempio il recente sviluppo a sud di San Giuliano Milanese che in cinque anni ha cancellato le tracce di 600 anni di storia: dalle “motte” sul Lambro inserite ora in paesaggi di supermercati e case popolari, dai luoghi della battaglia di Marignano scomparsi sotto ettari di cemento, mentre il castello di Zibido, sopravvissuto fino a due anni fa col suo sfondo trecentesco, giace ora all'interno di un paesaggio di balocchi ove nessuno può essere felice di risiedere.

Ma l'elenco potrebbe non finire mai: che dire del recente Piano Regolatore di San Donato che per favorire l'ENI uccide l'ultimo tratto della via Emilia che dal 212 a.C. unisce Milano e Bologna, per far sì che il quinto palazzo per uffici (opera appena ultimata di Gabetti e Isola) sia tutt'uno con gli altri quattro palazzoni ad est dell'antico tracciato? Ed è per queste ed infinite altre ragioni che riteniamo utile l'incoraggiamento di Cortiana all'opera delle Commissioni Provinciali. D'altronde la legge regionale 57, integrata con la legge 54/86, obbliga le commissioni ad uno sforzo che va ben oltre l'esplicitazione della "bellezza dei luoghi". Si vuole per la completezza degli atti amministrativi che siano spiegati nel dettaglio i "criteri di gestione e le normative" per l'uso del vincolo.

Occorre quindi che le commissioni animino i luoghi vincolati con quegli invisibili protagonisti sempre presenti nel territorio italiano che sono i Segni della Storia, le Trasformazioni dell'Uomo, i Valori Ambientali Diffusi. Vanno ora evidenziati, in modo che siano resi condivisibili da tutti e soprattutto da coloro che devono progettare i cambiamenti in modo che anch'essi entrino a far parte del nuovo paesaggio proposto assieme alle esigenze di sviluppo. In questo quadro rientrano le proposte di Vincolo dei Navigli - Grande - Pavese e Martesana all'esame delle diverse Commissioni Provinciali competenti per territorio. Per ora è stato dichiarato il vincolo su parte del tracciato dei. due Navigli Pavese e Grande nel Comune di Milano. Ora alla Commissione di Milano il compito di stendere le norme di gestione ed i criteri per l'attuazione del vincolo. La traccia per i "criteri" è già stata concordata e discende dall'essenza stessa di ciò che tuteliamo.

Il duplice utilizzo industriale ed agricolo dei Navigli come fonte di irrigazione delle campagne e come utile ed economico sistema di trasporto di materiali pesanti ha caratterizzato profondamente il paesaggio dei territori interessati dal corso delle acque. Ancora oggi nelle fasce extraurbane lunghe alberate di pioppi, di salici, di ontani accompagnano il tracciato delle rogge alimentate dai Navigli. Le stesse acque muovono macine, mulini e utensili per lavorazioni legate all'agricoltura.


Vicino ai nuclei abitati e spesso, oggi, all'interno di esso, la sicurezza e l'economicità dei trasporti sui grandi barconi a traino animale e poi motorizzato per la contracqua, hanno determinato la collocazione di lavorazioni delle argille (fornaci per mattoni, per ceramiche) e dei marmi, oltre ai grandi depositi di ghiaia, di sabbia, di materiali per la pavimentazione urbana che una volta caratterizzavano anche la darsena Milanese. Sono queste le memorie che vanno tutelate se vogliamo che i Navigli non diventino per i nostri figli come le Sfingi d'Egitto: misteriosi reperti senza storia. Nelle vaste zone identificate dal Vincolo, il Comune di Milano dovrà censire l'edificato identificando ciò che è sopravvissuto da quando la funzione del Naviglio come vettore è cessata, e sottoporlo a tutela conservativa assieme agli spazi liberi (per fortuna ancora numerosi) che connotavano il paesaggio di allora.
Così avrà senso la conservazione di questo miracolo di ingegneria idraulica che si trova ancora dal titolo di "manufatto" a ricordo della umana, manuale fatica occorsa per la sua realizzazione.
Alberto Ferruzzi