Ma che bel Castello (o no?)

Versione stampabileSegnala a un amico
Categorie: 

Turisti per caso. Sale chiuse, poche indicazioni, pulizia sommaria: come affossare un tesoro
L’articolo, di Francesca Bonazzoli, è tratto dal «Corriere della Sera» del 2 luglio 2013

È insieme il luogo più lussuoso e popolare di Milano. Stipato di capolavori d'arte, ma nello stesso tempo punto di raccolta di pic-nic domenicali e tintarelle estive senza il mare. Attraversato ogni giorno da migliaia di turisti e milanesi, il castello sforzesco è il cuore di Milano. Eppure i turisti non hanno nemmeno un piccolo bar per riposarsi. Basterebbe anche solo offrire il servizio nei mesi estivi, con una soluzione provvisoria sotto i portici del piccolo cortile ducale, davanti alla vasca d'acqua, come si fa per i matrimoni, senza tante strutture. Il Comune guadagnerebbe e dei giovani lavorerebbero. Ma è una soluzione troppo semplice per la nostra burocrazia bizantina e per amministratori pigri che, al contrario, hanno preferito commissionare costosi progetti faraonici, ovviamente fermi da anni. Eppure ci sarebbe bisogno di un punto di sosta, come in tutti i musei d'Europa, perché per godere delle raccolte del Castello serve anche un'intera giornata.



 

 


Le scoperte cominciano dal piano terra dedicato alle sculture come la tomba di Gaston de Foix. Dietro il cavaliere di marmo addormentato scolpito in-torno al 1517 dal Bambaia, c'è una storia da romanzo cavalleresco che incanta bambini e adulti, quella del duca di Nemours, nipote del re di Francia. Nel 1511 venne nominato governatore di Milano e comandante dell'Armata Reale in Italia durante la guerra della lega di Cambrai. Per la velocità con cui conseguiva i successi militari meritò l'appellativo di Folgore d'Italia. Morì in battaglia a Ravenna, mentre inseguiva per brama di gloria i già sconfitti spagnoli in fuga. Aveva ventidue anni e fu il protagonista della cruenta battaglia che vide fronteggiarsi venticinquemila francesi contro ventimila ispano-papalini lasciando sul terreno i diecimila morti rievocati nell'Orlando furioso dall'Ariosto, testimone oculare del massacro.

Al piano superiore, la Pinacoteca, che conserva quadri magnifici, è quasi tutta chiusa da oltre un anno, dal terremoto dell'Emilia che ha danneggiato il soffitto. I visitatori delusi devono deviare sul museo degli strumenti musicali, più conosciuto dagli stranieri musicofili che dai milanesi. Eppure questa è una delle più prestigiose raccolte d'Europa, con strumenti della liuteria cremonese, quella da cui si serviva Paganini, e pezzi unici come il doppio virginale di Hans Ruckers di cui esistono ancora solo tre esemplari al mondo, uno dei quali al Metropolitan Museum di New York. Salendo di un piano, si accede al museo delle arti decorative con avori tardo antichi e medievali, smalti di Limoges, porcellane di Meissen. Il luogo è molto polveroso (nel senso letterale: poco pulito), ma i pezzi sono magnifici. La visita prevede ancora il museo dei mobili: dagli Sforza al design, mette insieme posate del XVIII secolo con la poltrona Proust di Mendini. I pezzi sono tutti di grande interesse, anche se appesantiti dall'allestimento «assiro babilonese» di Perry King e Santiago Miranda.

Infine, rimane il museo egizio, relegato in un triste scantinato stile obitorio. Basterebbe solo un po' di spirito di iniziativa per migliorare queste raccolte straordinarie con nessuna spesa. Molti turisti, per esempio, chiedono ai custodi di essere diretti alle opere di Michelangelo e Leonardo il quale non è segnalato in alcun cartello: una follia dal punto di vista del marketing. E perché non dare la possibilità a giovani guide di offrire un servizio di visite veloci ogni quarto d'ora, senza prenotazioni? Un'offerta low cost che occuperebbe laureati a spasso e qualificherebbe il Castello. E che dire del bookshop microscopico intorno a cui i turisti ronzano invano in cerca di pubblicazioni in lingua e di gadget? Non si può comprare nemmeno una borsa di tela con il disegno del Castello! E incredibile per un museo che avrebbe bisogno di introiti. Dove, se non al Castello, si dovrebbe vendere merchandising con il marchio Milano? Sono piccole migliorie a costo zero. Ma forse per questo nessuno le vuole e così persino tutti i musei della disastrata Atene sono meglio gestiti del Castello.