La vera passione di Rembrandt

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L’articolo è di Francesca Bonazzoli


Una delle più complete, ma poco conosciute, collezioni italiane di stampe antiche è conservata ai Musei civici di Pavia e ne costituisce il nucleo fondante da quando il marchese Luigi Malaspina di Sannazzaro (1754-1835), illuminista appassionato d'arte, ne fece dono alla città. Da quei cinquemila fogli, sono state ora selezionate quaranta opere di Rembrandt (1606-1669), alcune dalla sua bottega e tre di Duerer, che insieme vanno a comporre una mostra affascinante e rara: «Rembrandt. Incidere la luce». Chi pensasse di trovarsi davanti a una produzione minore dell'artista olandese sbaglierebbe perché per tutta la sua travagliata vita, fu proprio l'incisione il vero spazio creativo e di libertà dell'artista, quello dedicato a sperimentare composizioni, luci e anche soggetti dal significato misterioso, forse esoterico, come nell'acquaforte intitolata «Il Faust».

Che Rembrandt fosse un genio dell'incisione lo sapevano bene anche i suoi contemporanei disposti a pagare cifre esorbitanti per uno dei suoi preziosi fogli come per la cosiddetta Stampa dei cento fiorini, che rappresenta Cristo mentre guarisce gli ammalati. Per farne salire il prezzo, Rembrandt aveva ricomprato sul mercato tutti gli altri esemplari così da far diventare la tiratura praticamente impossibile da trovare. Ma nonostante fosse un abile imprenditore di se stesso, Rembrandt riuscì a dissipare sia la sua fortuna che il suo prestigio artistico. Quando morì, dopo una lunga serie di lutti familiari, era ormai soffocato dai debiti e aveva superato di una misura troppo lunga il gusto convenzionale dei suoi contemporanei. Destino comune dei geni.Pavia, Scuderie del Castello Visconteo, v.le Xl febbraio 35, ingresso 7 euro, fino al 1° luglio, tel. 0382.40.37.26